Nel precedente post ho esaminato in dettaglio la natura del sistema bilanciato del ponte Morandi, per far comprendere a chiunque che si trattava di un'opera al di fuori dei canoni di sicurezza che oggi sarebbero considerati minimi (percentuali di armatura, ridondanza, robustezza, ispezionabilità, resistenza al sisma, distanza dagli edifici, eccetera).
Chiunque avesse studiato a fondo il sistema bilanciato disponendo delle necessarie competenze tecniche avrebbe compreso che era un sistema a scatto con timer.
Il conto alla rovescia era legato alla esistenza della corrosione nei cavi principali degli stralli, ma era anche legato al possibile distacco e alla possibile caduta della trave tampone (quella che collega due sistemi bilanciati successivi in semplice appoggio), sorretta soltanto dalle selle Gerber, sistemi notoriamente soggetti a degrado per aggressione chimico-fisica.
Era quindi ovvio, e altrettanto necessario e imprescindibile, intervenire con tempestività prima che la molla scattasse.
Sebbene non fosse nota la estensione della corrosione (anche per la carenza di adeguate indagini ispettive), era noto da anni, anni ed anni che la corrosione fosse iniziata. Era noto a tutti.
Gli attori coinvolti - in 50 anni - furono grosso modo tre: il concessionario, il concedente, i vari consulenti.
Il lasso di tempo passato dalla costruzione è troppo lungo per poter pensare che le disfunzioni che hanno consentito che alla fine la molla scattasse siano episodiche e limitate. Una tale impressione si coniuga perfettamente con la vivida sensazione che i sistemi deputati alla progettazione, controllo, manutenzione, ispezione ed analisi delle strutture civili siano in questo Paese gravemente ed urgentemente bisognosi di una profonda riforma.
Questa era la conclusione alla quale ero giunto, più di quattro anni fa, quando scrissi il mio libro Validazione Strutturale, un libro che si è rivelato tragicamente profetico.
Se dopo il crollo del sistema bilanciato 9 del viadotto sul Polcevera, tutto quello che succederà sarà la messa in stato di accusa e la condanna di un gruppo di persone, il vero problema chiaramente denunciato dal crollo non sarà stato affrontato.
Qui c'è da cambiare quasi tutto.
La prima cosa che manca, e che è urgente ripristinare mediante specifiche azioni di governo, è la consapevolezza di una serie di verità ovvie che nella pratica si è persa, anche a causa di una serie di normative sbagliate, unite a malcostume. Queste ovvie verità sono le seguenti:
- Le strutture civili sono fondamentali e possono mettere a rischio la vita delle persone ed i sistemi economici di borghi, città, province e persino regioni. Il Paese non può permettersi che vadano in rovina.
- Non è accettabile alcuna situazione di degrado diffuso in opere di ingegneria civile (edifici, ponti, stabilimenti produttivi, strade), né il loro stato di abbandono. Ogni opera deve essere soggetta a valutazione e manutenzione e qualcuno competente deve essere responsabile di tale manutenzione.
- Gli interventi (che spesso sono manomissioni) su strutture di ingegneria civile, devono essere fatti solo da persone competenti. Il Far West delle ristrutturazioni e degli abusivismi deve finire subito.
- L'abusivismo e la sua sanatoria implicano la accettazione implicita della pericolosità ed insicurezza delle strutture, nonché la violazione delle norme tecniche, e quindi contribuiscono in modo determinante a diffondere idee sub culturali e arcaiche in merito a cosa sia la sicurezza strutturale, e a cosa possa essere considerato sicuro o no.
- L'ingegneria strutturale (ormai tra l'altro sempre sismica) è una branca specifica della ingegneria civile che richiede veri specialisti. Non è sufficiente una laurea breve. Non è sufficiente una laurea in architettura senza documentati e seri studi ulteriori. Non è sufficiente una laurea in ingegneria. Ciò implica una profonda riforma del sistema delle competenze e degli ordini professionali. Non tutti possono fare tutto. Il sistema attuale è profondamente inadeguato.