Premessa
Ho ricevuto una richiesta su Linkedin, questa:
Ho un’altra questione molto interessante (secondo me) da porle. Nessuno ha saputo darmi una indicazione precisa se non quella di fare ciò che viene prescritto dalla Normativa (NTC2018) senza però sapere il perché.
Quando si calcolano le strutture non dissipative in calcestruzzo armato quindi q=1 o, al più, a 1,5, la normativa richiede di calcolare queste strutture in campo elastico o sostanzialmente elastico.
Ciò, a parere mio, è legato al fatto che per le strutture non dissipative non si eseguono controlli di duttilità e non è richiesto il rispetto delle prescrizioni normative per i nodi, i quali non necessitano (rispetto a quello che dice la normativa) di essere verificati.
Non essendoci nella struttura parti che possono plasticizzare è meglio che, quindi, essa rimanga integralmente in campo elastico.
Ciò significa che una volta fatta l’analisi e determinate le sollecitazioni se io voglio verificare una sezione di una trave o di un pilastro (a flessione o a pressoflessione) vado a limitare la deformazione dell’acciaio al 1,87 per mille è quella del calcestruzzo al 2 per mille.
Cosa diversa invece è per le strutture in acciaio.
La norma al punto 7.5 dice che per le strutture in acciaio bisogna rifarsi a quanto riportato nel capito 4 senza alcuna prescrizione aggiuntiva.
Ciò significa che se la sezione che io sto analizzando e verificando è di classe 1 o 2 posso verificarla in campo plastico. Altrimenti devo limitarmi al campo elastico.
Questo mi crea un po’ di dubbi.
Anche se la struttura è in acciaio e non dissipativa io non vado a verificare nessun dettaglio costruttivo riguardo ai nodi e non applico nessun criterio di gerarchia delle resistenze.
Quindi, a rigore, in analogia con il calcestruzzo sarebbe meglio tenere tutta la struttura in campo elastico qualsiasi sia la classificazione di sezione degli elementi che la compongono.
Questo perché se io la verifico in campo plastico sto ammettendo, implicitamente, che ci siano delle plasticizzazioni da qualche parte e non essendoci dei dettagli in grado di dissipare sto (a mio parare) facendo peggio.
A quanto pare però per la normativa non c’è analogia tra calcestruzzo e acciaio e non riesco a capire il perché.
Lei si è fatto qualche idea a riguardo? Cosa ne pensa?
Non c’è un’analogia tra calcestruzzo e acciaio?
La differenza a cosa è dovuta? Perché quelle in calcestruzzo devo limitarle integralmente al campo elastico e quelle in acciaio no?
La ringrazio e le auguro una buona giornata.
Lorenzo Veronese
pertinente e intelligente.
Il metodo q
Le verifiche in classe 1 e 2
- Le verifiche sono soddisfatte e non vi è superamento del limite elastico. In questo caso la sezione è in classe 1 o 2 ma avrebbe potuto essere anche in classe 3 e le verifiche sarebbero state egualmente soddisfatte. In questo caso la domanda posta dal collega non si applica. Comunque, per le ragioni che chiarisco più sotto, è un bene che le sezioni siano in classe 1 o 2.
- Le verifiche non sono soddisfatte. In questo caso la sezione andrà modificata.
- Le verifiche sono soddisfatte, ma vi è un certo qual sforamento del limite elastico. In questo caso, il calcolo globale elastico è a rigore sbagliato, perché una certa qual modifica alla rigidezza c'è stata (in un fuso che scema allontanandosi dal picco di momento). Tuttavia, essa potrebbe essere modesta. Lo è se lo sforamento è limitato, tende a non esserlo se lo sforamento è invece marcato. Ma perché vi siano significative redistribuzioni, lo scorrimento plastico deve essere marcato, mentre noi sappiamo con certezza che una parte della sezione è ancora elastica (sempre nei limiti di validità dei nostri metodi), e dunque il depauperamento di rigidezza modesto, e la rotazione suppletiva deve essere anch'essa modesta. La cerniera plastica non c'è, ma è come se, adottando leggi costitutive elastiche-perfettamente plastiche, in quel fuso ci fossero sezioni elastiche di dimensioni ridotte rispetto a quella originaria, sezioni che sono costituite da quella parte di sezione che è ancora elastica.
Risposta alla domanda
- o facendo un calcolo effettivamente non lineare, e allora dovremo verificare non solo che siamo sotto il moltiplicatore limite (seguendo la formazione delle cerniere plastiche, io direi solo e soltanto con modelli a plasticità diffusa), ma anche che da nessuna parte la escursione plastica sia stata eccessiva, che gli effetti P-Δ siano contenuti, e certamente anche che gli spostamenti, molto maggiori, siano dovunque assorbibili dai vincoli eccetera. Una cosa niente affatto scontata.
- o facendo un calcolo elastico e verificando che ovunque lo sfruttamento sia inferiore a 1, ma anche assicurandoci che le prime zone a sforare siano proprio quelle dissipative da noi previste, e non altre. E che tutte arrivino contemporaneamente al limite o quasi. Quindi, che la distribuzione delle sollecitazioni sia tale da portare a sfruttamenti prossimi a 1 proprio quelle zone e non altre. Non basta, secondo me, constatare che lo sfruttamento è minore di 1. La distribuzione degli sfruttamenti deve essere coerente con il progetto, se il calcolo è lineare. E poi naturalmente, la gerarchia e la progettazione della duttilità. Anche se con un calcolo elastico lineare, non è che si veda molto. Con q alti mi verrebbe da dire che il calcolo dovrebbe sempre essere NL. Dato che la pushover su strutture reali è ampiamente insufficiente, anche se sovra-utilizzata e reputata, si va direttamente alla THNL.