mercoledì 8 luglio 2015

Paradigmi, paradossi e malafede

In ambito ingegneristico, dovrebbero esserci dei criteri abbastanza univoci per decidere se un approccio, un metodo o un sistema di calcolo e progetto siano attendibili. E, in ambito ingegneristico, la inattendibilità di un metodo, di un approccio o di un sistema dovrebbe bastare a decretarne la fine.

Invece, proprio in ambito ingegneristico, e più in generale scientifico, non è così.

Come spiega bene Don Anderson nel suo bellissimo What Planet Do You Live On, Anyway?, un certo paradigma scientifico entra in crisi quando si vede che dà luogo a paradossi, o a situazioni chiaramente inaccettabili. Allora, un nuovo paradigma viene proposto, che risolve quel paradosso, in attesa che arrivino altri paradossi e che una nuova teoria, un nuovo paradigma, si affermi.

In teoria.

In pratica, ogni paradigma si porta con sé incarichi universitari, carriere, fondi di ricerca, incarichi dirigenziali e denaro pubblico che, se il paradigma crolla, dovrebbero essere reindirizzati.

E qui cade l'asino.

Infatti, il vecchio paradigma, ormai dimostrato dal paradosso non più valido, viene strenuamente difeso da chi da esso ha tratto soldi, carriera e prestigio. La questione non è il merito del problema scientifico o tecnico, ma è piuttosto ciò che ruota intorno al merito del problema.

La resistenza al nuovo paradigma si può estrinsecare in vari modi.

In certi casi essa è esplicita e porta a sfide, o giudizi di Dio, che nei casi migliori sono risolti dalla prova sperimentale (come la posizione di Mercurio con la teoria della relatività).

Nei casi peggiori (come quello di Ignàc Semmelweiss), chi scopre un nuovo paradigma viene dapprima ignorato, poi possibilmente ridicolizzato, ed infine espulso.

Se si trattasse solo di errori fatti in buona fede sarebbe grave, allarmante, ma ancora accettabile. Ciò che è inaccettabile è quando gli "errori" sono fatti in malafede, e quando gli incarichi pubblici sono utilizzati per fini privati. In questo caso, chi agisce in questo modo è un vero delinquente e può fare molto, molto danno.

Peraltro, una confraternita di silenziosi yesmen (a loro volta interessati a non perdere le loro elemosine) è il modo migliore per allungare la vita di un paradigma errato. Per scardinare questo meccanismo perverso, servono da un lato persone competenti, che vogliano capire, dall'altro persone che non si spaventino e che non si lascino intimidire.

Nel corso della Storia del pensiero scientifico, sono numerosi i casi in cui una confraternita di yesmen ha ritardato il progredire della conoscenza, e ciò ha creato danni economici e anche morti. Ritenere che oggi, nell'anno 2015, tali problemi non esistano più sarebbe ingenuo.

E' sempre la solita storia, da secoli. E sarà sempre così, temo.