lunedì 14 ottobre 2019

Coefficienti di sicurezza, realtà e miti

Di recente mi sono trovato coinvolto in una discussione che ha riguardato, tra l'altro, i coefficienti di sicurezza delle costruzioni rispetto ai terremoti.

I miei interlocutori hanno sostenuto che se una struttura è progettata in accordo alle normative NTC 2008-2018, e in accordo agli scuotimenti di progetto ivi previsti, allora non ci sarebbe da temere un crollo anche se gli scuotimenti effettivi fossero sensibilmente superiori. Qualcuno ha detto che tanto ci sono coefficienti di sicurezza del 300%.

A me questa cosa è parsa grave, anche perché i miei interlocutori non erano persone sprovvedute, ma erano entrambi, nei rispettivi ambiti, assai influenti.

La questione ha poi dato luogo alla richiesta, da parte mia, di un parere formale all'Ordine di mia appartenenza (quello di Milano). Il parere è arrivato e mi ha pienamente soddisfatto, nel senso che mi sono trovato sostanzialmente d'accordo con quanto hanno scritto i miei colleghi.

Adesso io ne approfitto per discutere del problema dei coefficienti di sicurezza in modo più generale, dato che mi pare che ve ne sia un gran bisogno.

In primo luogo, perché li usiamo? E poi, quali rischi coprono? E in che modo possiamo interpretarne il significato? 

Cominciamo col dire che se potessimo sapere tutto e valutare tutto, non avremmo bisogno di coefficienti di sicurezza. La realtà è molto meno eroica. Sappiamo certe cose, a patto che siano rispettate certe condizioni al contorno. In vitro, diciamo così, possiamo stabilire certe relazioni e possiamo anche ripetere esperimenti che dovrebbero in teoria essere identici e scambiabili. Se gli esperimenti sono controllati, possiamo trarre certe conclusioni. Ma quando ci riferiamo alla realtà di una costruzione, le cose sono molto molto più complicate. Ciò vale anche per le costruzioni nuove, per le quali in teoria dovremmo essere in grado di valutare "tutto", ma evidentemente vale a maggiore ragione per le costruzioni esistenti, vecchie magari di decenni, e che hanno avuto una complicata vita precedente.

Queste non sono le condizioni di un esperimento controllato, ripetibile e scambiabile con centinaia di altri. Anche se ci riferiamo a costruzioni nuove, queste presentano sempre situazioni per le quali i nostri modelli "teorici" fanno fatica a seguire. Le ipotesi di base che si devono sempre fare per mettere in piedi un modello sono sempre verificate solo in parte. In certi disgraziati casi non sono verificate affatto. E noi non sappiamo valutare con esattezza quanto aver applicato un modello solo in parte applicabile possa comportare, né come interferisca questa scelta, fatta in un ambito, con altre scelte similmente un po' forzate, fatte in altri ambiti.

Ne consegue che i nostri modelli perdono di pregnanza, diventano via via meno credibili, e dobbiamo pertanto cautelarci aumentando le azioni, diminuendo le resistenze, e magari prendendo in considerazione approcci di tipo non strettamente quantitativo, ma che hanno mostrato, in passato, di avere una qualche utilità.

In certi casi, quando si sono abbandonate le minime condizioni di applicabilità, dovremmo rifiutarci di applicarli, i modelli, perché i risultati che ne trarremmo sarebbero ingannevoli. Fare questo però implica da un lato ammettere la propria impotenza, dall'altro ripristinare le condizioni minime tali per le quali i nostri semplici modelli possano essere applicati. Il che, talvolta, ha un costo molto forte.

Si dirà che i nostri modelli non sono affatto semplici, che alcuni di loro risolvono problemi complessi, equazioni differenziali, integrali, sistemi di migliaia di equazioni. Ebbene, la verità è che alla origine di questi modelli, per quanto complicata possa essere la loro matematica, ci sono sempre semplificazioni drastiche, che poco hanno a che fare con la realtà fisica, a meno che questa non venga attentamente modificata e confinata, in modo da rispettare le ipotesi di applicabilità dei semplici modelli che usiamo. Basti pensare alla enorme complicazione del calcolo delle orbite dei pianeti, che però deriva tutta da una semplice equazione (e modello), che dice che l'attrazione gravitazionale è proporzionale alle masse, inversamente proporzionale al quadrato della distanza, con un fattore moltiplicativo costante che aggiusta le cose: la legge di gravitazione universale di Newton. In quel caso, però, stiamo parlando di leggi fisiche, non di ingegneria dei manufatti per le costruzioni, che sono decisamente più imperfetti e soggetti a variazioni del moto dei pianeti.

Dal momento in cui si abbandona la realtà fisica nella sua infinita variabilità e complessità, e si entra nel mondo dei modelli, si è persa per strada una enorme quantità di informazione, e si è scelto di lavorare con un modesto sottoinsieme di parametri e caratteristiche.

Il peggior errore che possiamo fare è dimenticarci che abbiamo introdotto delle ipotesi e delle semplificazioni rispetto alla realtà fisica. Quanto ci diranno i nostri modelli deve essere considerato alla modesta luce della loro applicabilità, pregnanza, esaustività e completezza.

I coefficienti di sicurezza sono convenzionalmente assegnati a questa o a quella parte della nostra modellazione. In ingegneria strutturale abbiamo i γq, i γM, e altri vari fattori di sicurezza, assegnati ora a questo ora a quello.

I valori che accrescono le azioni tengono conto del fatto che le azioni potrebbero essere maggiori di quanto altrimenti stimato. Ma è capitato che le azioni fossero molto maggiori di quanto in precedenza stimato, ad esempio col vento o con la neve. Quindi, se i valori di partenza fossero sottostimati, automaticamente un fattore amplificativo di sicurezza pari a 1,5 (che è quello che ci impongono le norme), non sarebbe sufficiente. Quando le situazioni sono considerate eccezionali, le azioni non vengono amplificate. Non ci sono margini. In più, in concomitanza ai valori della azione eccezionale (il sisma, l'esplosione), si prendono valori ridotti delle altre azioni. Ad esempio, sotto i 1000 m sul livello del mare le nostre norme assumono che se arriva il terremoto allora sui tetti non c'è neve.

I valori che diminuiscono le resistenze tengono conto che per varie ragioni queste potrebbero non essere quelle caratteristiche, ma minori. Ad esempio per il calcestruzzo armato il fattore riduttivo è 1,5, per l'acciaio delle armature è 1,15. Partite difettose, errati confezionamenti, provini sfortunati. Sempre escludendo, naturalmente, il dolo.

Ma le nostre incertezze ed ignoranze non si limitano al valore delle resistenze ed al valore delle azioni. Ce ne sono moltissime altre. Che non possiamo nemmeno enumerare. Tra queste, il fatto che il nostro modello potrebbe non essere adeguato.

Se il modello non è adeguato, gli errori possono essere molto forti, e i fattori di sicurezza apparentemente alti usati per ampliare le forze e ridurre le resistenze, insufficienti. Molto insufficienti.

In qual caso, è compito dell'esperto riconoscere il problema e, se necessario, ripristinare le condizioni tali per cui il modello possa essere usato.