giovedì 8 settembre 2016

Amatrice: (4). Normative: aspetti generali

Le nostre normative si inseriscono da anni in un quadro che, come ho detto, è sconfortante. Dato che sulle costruzioni possono e devono mettere le mani tutti, l'approccio seguito dal Legislatore negli ultimi trent'anni è stato quello di rendere le normative via via più dettagliate e complesse.
 
Un tale approccio avrebbe la virtù di non lasciare scappatoie e di determinare in modo univoco le rigorose procedure da seguire.
 
In realtà, dato che la normativa non può dire tutto, le scappatoie continuano ad esserci, anche perché spesso l'interpretazione non è univoca. La risposta del mercato a queste normative molto complesse è stata quella di dotare una pletora di sé dicenti esperti, di programmi software, ai quali è stato demandato l'onere di "fare i calcoli giusti".
 
A sua volta, ciò ha determinato molte palesi distorsioni, e le iperboli tipiche della pubblicità di prodotto hanno cominciato ad apparire anche nella pubblicizzazione dei software per il calcolo strutturale. Curiosamente, la norma non richiede che i calcoli li facciano persone veramente competenti per farli. Se lo facesse, resterebbero ben pochi. Infatti, ben pochi hanno la preparazione fisico-matematica ed ingegneristica per usare questi software in modo avveduto.
 
Del resto, la normativa è stata scritta anche da persone che non hanno alcuna esperienza reale di progettazioni e verifiche reali. Ne fa fede la capillare diffusione di metodologie e numeri la precisione dei quali è incompatibile con le incertezze dei dati di partenza. Ad esempio, ma su questo tornerò in altro post, per i calcoli sismici i dati di ingresso hanno tre o quattro cifre dopo la virgola, il che è assolutamente ridicolo. Credono ai modelli e li impongono dimenticandosi dei loro limiti. Di fatto, non hanno capito cosa stanno imponendo di fare. Paradigmatica è l'idiozia della interpolazione su maglia di 5Km per determinare la pericolosità sismica, una vergogna nazionale che è nelle leggi sismiche dal 2008.
 
Invece, le normative avrebbero dovuto distinguere casi rilevanti e complessi da casi semplici, e prevedere delle procedure semplificate da far usare ai meno competenti. Contestualmente, si sarebbe dovuto provvedere a formare veramente molti professionisti nuovi, mentre invece la formazione è ridotta in uno stato pietoso.
 
Il risultato è devastante. Di fatto si producono tabulati e mappe a colori ma si difetta spesso delle più elementari nozioni di scienza delle costruzioni necessarie a mettere mano a qualsiasi cosa. Il software è diventato la protesi degli ignoranti, e le software house non sempre hanno correttamente messo in guardia i loro clienti (vedasi ad esempio qui).
 
  • Se tutte le costruzioni sono in zona sismica, come ormai è chiaro;
  • Se per mettere mano a una costruzione in zona sismica occorre essere molto competenti;
  • Se ben pochi dispongono di queste competenze;
 
qual è la conclusione?
 
L'intero corpo delle normative è poi totalmente affetto da strabismo, essendo concepito soprattutto per le costruzioni nuove in calcestruzzo armato (ah, il cemento), là dove il vero problema oggi in Italia sono le costruzioni esistenti, in muratura (di pietra delle più varie specie, di mattoni, o un mix dei due), in calcestruzzo armato, e di tutti i possibili miscugli delle due cose. Rare le costruzioni in legno (e ciò è un male) e di acciaio (e anche questo è un male).
 
Lo specifico italiano è appunto questo: moltissime costruzioni antiche, che non si dovrebbero buttare giù pena la cancellazione di una parte della nostra storia. Non sempre, certo. Ma sicuramente qui assai più che altrove. Qui perché questo è il nostro specifico storico, artistico e culturale.
 
La ricerca non ha fondi per questo specifico fondamentale problema, e si continuano a usare i metodi validi per gli edifici alti e regolari di Los Angeles anche per le costruzioni irregolari secolari in pietra del nostro Paese. E la colpa è senza dubbio di una ampia parte del mondo accademico, che non è semplicemente all'altezza, nonché di criminali scelte di natura politica.
 
La norma vuole calcolare tutto, anche quando non è calcolabile. La risposta del mercato è: vuoi i calcoli? Eccoli. Peccato che siano del tutto inattendibili e campati per aria, non foss'altro perché gli stessi dati di partenza forniti dalla Normativa sono essi stessi campati per aria.
 
Ma è corretto dire che non si può fare ingegneria senza calcoli (fasulli) con tre cifre? Non è corretto, e il nostro patrimonio edile storico lo dimostra (e del resto si veda Heyman).
 
Preferiamo l'ipocrita sistema di normare i tre decimali lasciando poi che i numeri li frullino i calcolatori, guidati da incompetenti. Questo è quanto avviene oggi in Italia.

mercoledì 7 settembre 2016

Amatrice: (3). I crolli

Esiste una sola causa capace di spiegare tutti i crolli che hanno causato morte e distruzione?

No.

Però le semplificazioni sono seducenti. Quali possono essere le cause atte a spiegare i crolli?

Numerose.

Chi può essere responsabile?

Talvolta, nessuno. Altre volte costruttori o professionisti incaricati, o lo Stato (che disinforma), o gli stessi proprietari.

E' possibile balzare a conclusioni specifiche su Amatrice, Accumuli e Pescara del Tronto?

No.

E' possibile tuttavia dire che esistono alcuni problemi ricorrenti, e tentare di enumerarli?

Sì.

Crolli.

Crolli di cosa? E perché?

Case fatiscenti. Ma ben ridipinte. Appaiono gradevoli e solide. Ma sono pronte a crollare. Sono così come sono state fatte. Nessuno le ha mai seriamente consolidate o mantenute. La malta non esiste più. Stanno su sinché non arriva una forza orizzontale apprezzabile e sufficientemente ripetuta.

Le stesse, e in più modificate con buchi, porte, finestre, solai pesanti. Bombe.

Case fatiscenti, ridipinte o non ridipinte. Modificate da interventi incongrui e sbagliati. Magari con il calcestruzzo armato. Che ne ha accelerato la fine o che invece non è stato sufficiente a salvarle, quando posto in opera correttamente (circostanza non certo sempre verificata).

Case non fatiscenti in muratura. Buone case con buona resistenza. Ma crollate.

Case non fatiscenti in muratura. Ma modificate malamente. E crollate per questo.

Case in calcestruzzo armato fatte quando il calcestruzzo era ancora poco studiato, con materiali e fattura insufficiente (ferri lisci, ciottoloni, mancati ancoraggi, ecc.).

Case in calcestruzzo armato fatte quando invece del calcestruzzo armato si sapeva praticamente tutto. Ma fatte o da professionisti incompetenti o da imprese truffaldine o da maestranze inconsapevoli di quello che stavano facendo. O semplicemente sbagliate. Per ignoranza (assai diffusa). O per presunzione (sono tutti esperti). O per errore. Anche questo può capitare.

E ancora e ancora. La enumerazione è virtualmente infinita.

Sarebbe utile avere le statistiche e poter dare le diverse frequenze. Ma queste statistiche non ci sono. Si può quindi dire che questi tipi di crolli sono tutti possibili. Tutti quanti. Certo, alcuni di questi appaiono più verosimili in un dato luogo. Ed alcuni implicano delle responsabilità professionali, mentre altri no.

Si può dire che i professionisti incaricati sono sempre perfetti? Io francamente non credo. Se penso a tutte le volte che mi chiedono di controllare e non trovo praticamente mai le cose fatte a dovere. Questo vuol dire, sic et simpliciter che la colpa è degli ingegneri, architetti, geometri, ecc., sempre? Non si può certo dire. Ma è innegabile che si sia anche un problema di competenze, dato che tutti mettono le mani sulle costruzioni. Così come è innegabile che ci sia da parte di tutti un problema di sotto valutazione del rischio (e anche lo Stato non è qui innocente).

Si può dire che gli abitanti sono sempre e solo vittime? Io non credo. Spesso le vittime hanno fatto cose che non dovevano fare. Magari fidando che non succedesse nulla. Sono talvolta vittime della loro stessa ignoranza, o, magari, della loro povertà. E questo si deve dire anche se è molto doloroso dirlo.

Si può dire che lo Stato è innocente, perché ci sono le norme anti sismiche? Io francamente non credo. Lo Stato ha per lo meno uno sguardo strabico. Da un lato fa il farmacista, dall'altro non distingue l'etto dalla tonnellata. Ma questo nel prossimo post: le normative.


lunedì 5 settembre 2016

Amatrice: (2). Il contesto

A prescindere dal terremoto, che è un collaudatore inflessibile, qual è la situazione della edilizia in Italia, in tema di sicurezza strutturale?

Disastrosa. Qui una incompleta lista dei crolli senza motivo apparente. Niente terremoto, fuga di gas, inondazione o attentato terroristico. Crolli. Crolli e ancora crolli.

Alla base della situazione disastrosa l'approccio subculturale al problema della sicurezza. In Italia si ritiene che di sicurezza strutturale possano occuparsi tutti, il che genera delle situazioni abnormi. Cardine di questa situazione è una circostanza specifica. Gli errori nel costruito si possono evidenziare ad anni di distanza dal momento in cui sono stati introdotti. Restano lì sino a prova contraria. E la prova contraria sono le azioni sporadiche o rare. Che possono anche verificarsi a decenni di distanza o anche mai.

A ciò si aggiunge la convenienza economica di tutti, ma proprio tutti gli attori. Tutti hanno interesse a risparmiare.

Lo Stato, che bandisce gare al ribasso. I privati cittadini, che spendono prelevando dai loro portafogli. Le imprese, che hanno interesse a ridurre i loro costi. I professionisti incaricati, spesso pagati male, e spesso del tutto inadeguati a fare ciò che invece fanno.

Ma alla base di tutto c'è un problema culturale.

Infatti, nessuno risparmia per il cardiologo o per l'oculista, o per le medicine, o gli esami diagnostici, se può spendere spende. In quel caso è infatti percepito il valore della competenza di chi dovrà mettere mano, ed è concreto e percepito il rischio di subire danni, magari irreversibili. Del resto, un cuore non curato impiega mesi, non decenni, a generare danni irreversibili.

Allora, c'è prima di tutto una grande campagna di informazione da fare, oltre ad una revisione complessiva delle regole e delle pratiche. C'è da insegnare cosa vuol dire sicurezza.

L'ingegneria strutturale è una cosa seria. Se si sbaglia, la gente può morire. Non si mette mano al costruito senza sapere cosa si sta facendo. Il calcestruzzo armato non è per tutti. Un foro può massacrare una struttura. Piccoli interventi possono essere disastrosi.

A quando una bella campagna di Pubblicità Progresso? A quando questa, e non quella sul varietà del sabato sera?

Amatrice: (1). Terremoto

Il terremoto. Un ispettore generale, passa di rado. Quando e dove vuole lui. Talvolta, ma non sempre, ritorna sugli stessi luoghi. Mai eguale. Va dove qualcosa nella crosta terrestre non riesce più a farcela, e da lì corre veloce.

Non si può corrompere, il terremoto, e non guarda in faccia a nessuno. E' un ispettore severissimo. Dove va, mette alla prova tutto. Ogni terremoto ha le sue preferenze: case basse e rigide questo, altri case medie e più flessibili.

Tutto quanto è, sarà messo alla prova. Tutto, senza esclusione. Anche il buco per fare un'altra porta. Anche la finestra che prima non c'era. Anche la scarpa finita nel getto. O i ciottoloni. O l'acqua dell'impasto. Anche quella volta che ma sì, tanto di ferro ce n'è. O che il ferro non è stato piegato a dovere. O posto della lunghezza giusta.

Un grande collaudatore. Inflessibile ed incorruttibile. A nulla varranno i timbri ed i certificati. A nulla le firme.

Quello che c'è, dà mostra di sé. Si denuda impudico, senza più veli. Laido quando truffaldino. Altre volte decrepito o fatiscente. O ancora altre volte, sbagliato.

Se appariva come un'allegra dimora variopinta, ma dentro era una vecchia catapecchia, o un manufatto di cemento fatto o progettato da incompetenti, o tutte e due le cose assieme, sarà quest'ultimo ad avere l'ultima parola, e nessun belletto potrà mai nascondere a lui, al terremoto, come stanno le cose.

Ogni volta che arriva in forze, sono morti e macerie. Da sempre. A volte decine, a volte centinaia, a volte migliaia. Dovunque: a sud, a nord, a est, a ovest, nel centro. In Italia.

Chi le aveva provate mai, davvero, e tutte assieme, e con così germanico rigore, tutte quelle costruzioni? Quanti sono in grado di capire? Quanti studiano?

E' lui, il vero ed unico collaudatore. Non le sacchette di cemento, che spingono prevedibilmente in giù. Non le parziali e poco costose verifiche di legge. Non i timbri di inchiostro.

Lui, il terremoto, ha molto da insegnarci. Ma non abbiamo imparato molto, perché loro, i terremotati, non siamo mai noi, gli spettatori.

C'è sempre un santo che protegge e un crocifisso da salvare. Terra di miracoli, abbiamo sempre qualche miracolo da contemplare: è tutto volere di Dio.

Sia fatta la sua volontà? O è la nostra?

Amatrice: (0). Parole

Le parole hanno un peso? O sono come fiato espulso dai polmoni, aereo e volatile?

In questi giorni dopo il ventiquattro agosto, molte parole sono state dette e scritte, volatili e aeree. Molte le ragioni: protagonismo, sincera commozione, esigenze di lavoro, superficialità, entusiasmo, fede, rabbia.

Occorre pesare le parole. Ad una ad una. Ogni parola deve pesare come le pietre di cui si parla. Come una vita divelta.

Dobbiamo dimenticare, o dobbiamo ricordare? Le parole su di noi leggere, ripetute e ripetibili, mille volte udite e mille volte scandite, aiutano a dimenticare. Dimenticare le ossa spezzate e le vite cancellate. Il dolore, il sangue. Lo scempio. E dimenticare che potrebbe capitare a quasi tutti noi.

Invece, dobbiamo ricordare. Anche quando il tempo sarà passato, e le vicende dei terremotati avranno verosimilmente preso la solita piega di tutti gli altri casi. Senza tetto. Senza casa o scuola. Senza più niente: terremotati. Numeri. Pratiche.

lunedì 23 maggio 2016

Come si decide (talvolta) se un professore sia emerito.

 
Al
prof. Maurizio Fermeglia
Rettore della Università di Trieste
 
e al
prof. Alessandro Fonda
Direttore del
Dipartimento di Matematica e Geoscienze
Università di Trieste
 
 
 

Chiarissimi Professori,



desidero complimentarmi con il Vostro Ateneo, ed in particolare con il Dipartimento di Matematica e Geoscienze, per la giusta e sacrosanta decisione di NON nominare "emerito" il professor Giuliano Francesco Panza.

La decisione della Università di Trieste, come ben evidenziato dal verbale del Consiglio di Dipartimento (cfr. più sotto), pone definitivamente in soffitta i vecchi ed ormai datati criteri di merito con i quali, un tempo, si decidevano questioni di questo genere. E che, si deve soltanto guardare a quanto uno sia bravo? Ma scherziamo?

Al giorno d’oggi, nel nostro Bel Paese all’avanguardia, se un professore sia da considerare o meno "emerito" non si decide dunque in base a quante accademie a spasso per il mondo lo abbiano voluto al loro interno, né in base a quante e soprattutto quali pubblicazioni questi abbia fatto, né, in definitiva, in base a quali apporti abbia dato alla disciplina della quale si occupa. Anzi: tanto più eccezionali saranno quei contributi, e universalmente riconosciuti, tanto maggiore dovrà essere l’attenzione da prestare nel conferire la qualifica, dato che, al fine di decretare "emerito" uno studioso, contano ben altre e ben diverse abilità.

Questa perniciosa idea che il curriculum, ovvero quanto bravo uno sia, possa bastare, è da estirpare come retaggio di un tempo andato, è una idea sovversiva, e bene ha fatto il Dipartimento a sancire in modo solenne e formale, con svariate decisioni coraggiose e franche, e con dichiarazioni di limpida chiarezza e coerenza, che il curriculum è del tutto insufficiente, e che non si trattava di valutare il merito, per dire un collega emerito.

Altre sono le abilità necessarie.

Oggi, grazie alla riunione formale del Consiglio del Dipartimento di Matematica e Geoscienze della Università di Trieste, si sono finalmente messi nero su bianco quali diversi e più limpidi criteri si debbano tenere in conto, per valutare se uno studioso sia emerito. Si badi: uno studioso, non un politico, una velina, un rappresentante sindacale o un conduttore televisivo. Uno studioso.

Sarà andato d’accordo con i suoi colleghi, l’emeritabile? Avrà prima chiesto il permesso alla conventicola gialla, e a quella rosa? Non è che solo la conventicola rosa perora il suo nuovo status? Perché non sia mai che un giallo si abbia ad offendere dato che la proposta viene da un rosa. E come si deve aprire un uovo, ricordava Jonathan Swift nei Viaggi di Gulliver: dalla parte larga o da quella stretta? Queste, si capisce, sono le questioni che contano.

Questi, cari Professori, questi sono i nuovi criteri, quelli del nuovo che avanza. Con questi criteri l’Italia ha scalato la graduatoria dei Paesi progrediti, ed è con questi criteri che le nostre Università daranno battaglia alle altre. Come sono contento per i miei figli e nipoti! Uh, come sono contento nel constatare l’alto livello di nobile discussione che resta scolpito nel verbale del Consiglio!

Sono talmente colpito ed entusiasta di questa decisione, che invito il Vostro rispettabile Ateneo, apripista in questa nuova tendenza a valutare gli aspetti sociali, e non solo quelli curricolari, ad estendere il criterio anche alla meno eccezionale, ma pur sempre prestigiosa nomina a professore.

Cos’è questa brutta abitudine, che per essere nominato professore uno debba studiare e dimostrarsi bravo? Che si guardi piuttosto a quanti sono d’accordo, nel nominare il candidato professore. Che si veda cosa dicono i gialli, e cosa i rosa. Si consultino gl’indaco, e non si scontentino i magenta. Si stabiliscano in futuro opportune convenzioni e magari assensi incrociati, così da nominare alle Cattedre solo i più adatti secondo la maggioranza, e non i più bravi. I più graditi.

Non sarebbe un simile criterio foriero di ulteriori progressi? Niente più aspre discussioni, solo persone di buon carattere e attente al proferir parola, sarebbero in condizione di insegnare.

Certo, è ancora presto. Ma questa Vostra decisione comincia a indicare una via. Un giorno arriveremo al punto in cui in tutti i posti di rilievo conterà la capacità di non scontentare nessuno. Tutti saranno d’accordo e la qualifica di professore emerito andrà solo a persone di tutti i colori: giallo, rosa, indaco, magenta

Che meraviglia.

Con i più rispettosi ossequi ed i più vivi complimenti all’Ateneo


Paolo Rugarli
Ingegnere Strutturista
Milano
 
 

giovedì 31 marzo 2016

INCERT_ING

Da un po' di tempo si fa un gran parlare, in specie qui a Milano, ma anche a livello centrale, della certificazione "Cert-Ing", che dovrebbe garantire ingegneri certificati.

Io non ho la certificazione Cert-Ing e non credo che la chiederò.

Infatti, a me pare che avendo io conseguito la qualifica di ingegnere con una laurea e un esame di Stato, dovrei, in linea di massima, essere in condizione di fare ciò di cui mi occupo (non tutto: ciò di cui effettivamente mi occupo).

Dichiarare degli ingegneri "Cert-Ing" significa ammettere che esistono ingegneri "INCert-Ing", il che a me pare contraddittorio.

Cerchiamo di mettere ordine.

In teoria, una laurea quinquennale in ingegneria dovrebbe essere una cosa molto seria. Io non so degli altri, ma so di me stesso.

Per ottenere questa laurea, al Politecnico di Milano, e a pieni voti e lode, ho dovuto fare 29 esami universitari annuali. Sono stati anni duri, ho davvero studiato moltissimo. All'esame di Analisi I si dovevano portare a memoria tutte le dimostrazioni. Sono andato a quell'esame, il primo, con lo stesso spirito con cui uno va a farsi dire se vale qualcosa o non vale nulla.

Cinque anni e alcuni mesi, includendo la tesi. Anni assai duri. Mi sono molto sacrificato.

Poi ho fatto un esame di Stato, mentre ero militare, e non mi è parso né che fosse molto serio, né che io fossi molto preparato nelle cose che mi chiedevano. Ero più preparato nella teoria (per fortuna).

Nei 29 anni successivi alla laurea mi sono occupato di alcuni vasti argomenti in modo particolare, e non di altro. Ho ottenuto varie "certificazioni" sul campo, e mi sento di dire che nel mio specifico lavoro sono preparato.

Ora, per continuare a esercitare dovrò fare dei corsetti a punti, per ottenere CFP: ma questo è un altro discorso (che pure faremo molto presto).

La certificazione del mio lavoro è in re ipsa. Vedessero, valutassero, giudicassero: i miei clienti, e i miei colleghi, se credono.

Le università sfornano laureati impreparati? Se è così è grave. Bisogna intervenire là, allora.

Se ci sono ingegneri patentati non preparati, la cosa è molto grave. Il problema non si risolve chiedendo di diventare "ingegneri certificati", una cosa assurda, ma esaminando quando ci sono le ragioni per ritenere che un ingegnere non sia preparato in quello che fa e agendo di conseguenza. Se io accettassi di progettare un impianto elettrico di centrale "in quanto ingegnere" sarei un pazzo.

Io non ricordo di casi in cui colleghi siano mai stati radiati dall'Ordine o altrimenti avvisati.

Il problema della verifica dei professionisti purtroppo esiste, dato che alcuni non sono preparati in quello che fanno: e non possiamo saper fare tutto. Ma non si risolve creando un ingegnere con allegato pezzo di carta (cera)laccato e timbrato (a pagamento), bensì esaminando l'operato di noi ingegneri e facendo pulizia al nostro interno. Ci sono casi eclatanti. Cominciamo da quelli. Poi, il resto verrà di conseguenza.

Dichiarare un ingegnere "Cert-Ing" significa riconoscere formalmente che ci sono "Incert-Ing", non esattamente una cosa condivisibile, dato che pesca nel mucchio e non discrimina. Io non mi sento un ingegnere incerto, o non "certificato", se le parole hanno un senso, ma dato che mi ci si vuol far sentire, allora ho deciso di dichiararmi pubblicamente "Incert-Ing" e di chiedere ai colleghi che tali si sentono di aderire alla mia proposta di incertificazione. I requisiti sono:

  • Essere laureati in ingegneria quinquennale.
  • Essere iscritti a un Albo degli Ingegneri Italiano.
  • Non avere la certificazione Cert-Ing.
La incertificazione è totalmente gratuita. Chi vuole aderire può mandare "Nome, Cognome, Città, numero iscrizione all'albo" e io creerò una pagina di "Incert-Ing".

Scrivete a:

paolo.rugarli@castaliaweb.com 


Grazie!