Visualizzazione post con etichetta sicurezza. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta sicurezza. Mostra tutti i post

mercoledì 26 agosto 2020

14 Agosto 2020


Qui l'intervento integrale di Egle Possetti, Presidente del Comitato delle Vittime del Ponte Morandi, pronunciato il 14 agosto 2020 a Genova, non facilmente reperibile nei media e riproposto solo per estratti dagli organi di stampa (quotidiani e settimanali).

Discorso del 14 Agosto 2020

Al termine di questo intervento, i presenti lo hanno applaudito lungamente alzandosi tutti in piedi.


martedì 18 settembre 2018

Le strane regole deontologiche degli ingegneri



Dopo il crollo del viadotto Morandi si sono aperte numerose questioni che necessitano di attente riflessioni e di drastici cambiamenti. Una di queste è il codice deontologico degli ingegneri.

   Esaminando le regole deontologiche degli ingegneri, si ha la sensazione che siano fatte più che altro per tutelare i committenti e per evitare che la categoria possa mai essere messa in discussione, obiettivo raggiunto frapponendo una nutrita serie di inutili paletti deontologici alla attività professionale.
   Il codice deontologico approvato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, ed attualmente in vigore (reperibile qui), è una lettura sorprendente per chi non l'abbia ancora fatta e voglia calare queste regole nella trafila degli accadimenti che hanno preceduto il crollo del viadotto Morandi.
   Invano si cercherebbe una regola, da mettere certo tra le prime, che imponga all'ingegnere che per qualsiasi motivo sia venuto a conoscenza di una situazione pericolosa di darne immediata notizia alle autorità competenti. Al contrario, si trova una fitta rete di paletti che induce a più miti consigli chi avesse mai un simile desiderio.
   Io credo che questo codice deontologico debba essere immediatamente cambiato. Il primo dovere di un professionista competente che si imbatta in una situazione pericolosa, per qualsivoglia motivo, anche al di fuori di un incarico professionale,  deve essere dare immediata notizia del potenziale pericolo (anche ad una autorità pubblica, non solo ai proprietari o responsabili). E dovrebbe essere messo a punto un registro di queste segnalazioni. L'esistenza di una segnalazione inascoltata dovrebbe essere aggravante per i responsabili in caso di crollo.
   Non si può ragionare in termini di concorrenza quando c'è di mezzo la sicurezza. Invece, il codice dà proprio questa impressione.
   Ancora oggi manca, nella formazione dell’ingegnere, e nei suoi doveri deontologici, una indicazione sul comportamento da assumere quando per fondati motivi ritenga che esista un qualche pericolo, anche in assenza di uno specifico incarico. Solo al punto 18 dell’attuale codice deontologico del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (dico diciotto) si legge (corsivo mio)
L’ingegnere è personalmente responsabile della propria opera nei confronti della committenza e la sua attività professionale deve essere svolta tenendo conto preminentemente della tutela della collettività.
Mentre, ben prima nel documento, è ben chiarito che un professionista non può mettere in cattiva luce un collega o la categoria. Nella sezione relativa ai doveri, al primo punto leggo (par. 3.1):
L’ingegnere sostiene e difende il decoro e la reputazione della propria professione.
Cosa che infatti sta accadendo in questi giorni, in cui il mondo professionale sembra più interessato alla difesa corporativistica della professione che all'accertamento della verità dei fatti. Ed ancora leggo:
L’ingegnere deve mantenere il segreto professionale sulle informazioni assunte nell’esecuzione dell’incarico professionale.
L’ingegnere è tenuto a garantire le condizioni per il rispetto del dovere di riservatezza a coloro che hanno collaborato alla prestazione professionale
E leggo ancora:
L’incarico professionale deve essere svolto compiutamente, con espletamento di tutte le prestazioni pattuite, tenendo conto degli interessi del committente.
E bisogna stare molto attenti a criticare i colleghi:
L’ingegnere deve astenersi dal porre in essere azioni che possano ledere, con critiche denigratorie o in qualsiasi altro modo, la reputazione di colleghi o di altri professionisti.
Ed inoltre:
In caso di subentro ad altri professionisti in un incarico l’ingegnere subentrante deve fare in modo di non arrecare danni alla committenza ed al collega a cui subentra.
Come sarebbe possibile per il professionista Rossi, porre rimedio ai guai del professionista Verdi? E per quale motivo se Verdi ha fatto gravi errori, si è dimostrato incompetente o temerario, Rossi dovrebbe evitare di danneggiarlo? Chi tutela questa regola, gli ingegneri competenti o quelli incompetenti (che esistono)?
   Questo codice deontologico tutela la categoria ed i committenti, non tutela in modo sufficiente i cittadini. Esso è incompatibile con uno Stato moderno, dove la trasparenza e la circolazione delle informazioni sono fondamentali. 


venerdì 15 maggio 2015

Pane raffermo

Prendete un dado e considerate la probabilità che esca il 4. Essa, se accettate l'idea di dado "perfetto e ideale", è di solito considerata pari a una possibilità su sei, 1/6.

Lanciate il dado dieci volte. Ogni volta, la probabilità che esca il 4 è 1/6, dato che l'esito di ogni lancio non dipende dall'esito dei lanci precedenti.

Va bene.

Prendete ora un pezzo di pane raffermo con due mani, un filone, ed applicate una lievissima flessione, via via crescente, sempre crescente con gradualità.

O prima o poi, il filone si spezzerà in due, no?

Considerate, in ogni secondo, la probabilità che il filone si rompa.

Direste mai che, di secondo in secondo, in ogni secondo, la probabilità che il filone si rompa resti identica? Che cioè tra il terzo e il quarto secondo la probabilità di rompere il filone sia eguale alla probabilità che si rompa tra il ventesimo e il ventunesimo?

Non credo.

Risultati immagini per faglia

I terremoti, in un certo senso, sono causati come da filoni di pane raffermo che si rompono quando la sollecitazione è eccessiva.

Eppure, secondo le norme in vigore, Norme Tecniche per le Costruzioni 2008, D.M. 14-1-2008, la probabilità di un sisma di intensità X nel sito Y nel 2015 è eguale a quella di un sisma di intensità X nel sito Y nel 2050 o nel 2100. Il tempo non conta. Come con i dadi.

Si tratta di una cosa palesemente errata, che la norma in vigore ci impone di fare. Ci arriva anche un bambino che è errato.

Ma: troppi stipendi da pagare. Troppe ricerche da finanziare. Troppe carriere, ormai compromesse, da sostenere. Se uno per tutta la vita ha sostenuto che gli asini volano continuerà a farlo.

I giornalisti nel frattempo si occupano di questioni più sexy (per esempio: "Elemosine e preghiere on line: Prayer Box, il social cristiano", o "Sessismo: rivolta delle calciatrici") , e così nessuno lo sa.

Povera Patria.

martedì 12 maggio 2015

Il "periodo di ritorno" del sisma

Tutti sanno che i terremoti non si possono prevedere. Direi che dopo il tragico terremoto de L'Aquila, il fatto è diventato paradigmatico, ed è stato oggetto di lunghe disquisizioni e discussioni. Se chiedete alla Sora Lella: "I terremoti si possono prevedere ?" risponderà "no".
 
I terremoti non si possono prevedere.
 
Però la nostra normativa tecnica per le costruzioni NTC 2008 (e temo anche la successiva minacciata NTC 2015), nelle parti relative alla determinazione del terremoto di progetto  è basata sul concetto di periodo di ritorno del sisma.



L'idea che il terremoto ritorni con un certo "periodo" è molto comoda per mettere in piedi una finzione numerica (detta PSHA, Probabilistic Seismic Hazard Assessment), ma fa a pugni con l'idea che il terremoto non si possa prevedere.
 
Il metodo numerico che sta dietro PSHA, e le nostre norme, suppone che a ogni intensità di sisma corrisponda un periodo di ritorno, e che docilmente a un periodo di ritorno corrisponda una certa probabilità. Non sto a tediare con considerazioni tecniche, a questo link si trovano gli approfondimenti (vedi anche la nota in calce).

Il metodo funzionerebbe così: 1) si fissa la probabilità del sisma di progetto sulla base di considerazioni di opportunità sociale e politica. 2) Si determina come giocando ai dadi che frequenza annuale ha questo terremoto per avere quella probabilità. 3) Dalla frequenza annuale si determina il periodo di ritorno. 4) Dal periodo di ritorno, con altre fortunose manipolazioni di cui dirò ancora in un altro post, si calcola la intensità del sisma corrispondente, da usare nei calcoli.
 
Alla base del metodo c'è proprio questa idea balzana, che il terremoto X ritorni in ogni luogo dopo un certo esatto numero di anni (esatto con tre o quattro cifre). A dire il vero, loro dicono "in media", ma se il fattaccio si verifica ogni 475 anni (o più) la "media" diventa temeraria. E poi, se la media è incerta, i loro risultati sono invece certi, certissimi, hanno tre o quattro cifre.
 
La vera domanda non è come si possa mettere in piedi un sistema tanto palesemente errato. Le illusioni di validità sono ben note ai cognitivisti. La vera domanda è: ma come fanno a crederci migliaia di ingegneri?
 
La mia risposta è che non  ci credono, ma sono obbligati a bersi questa cosa che non è per legge.
 
 
_______________
Nota
In sostanza, se voglio che in 50 anni la probabilità di un sisma di intensità X sia "solo" del 10%, la probabilità di non sisma deve essere del 90%, o 0.9.
 
50 eventi indipendenti tutti con la stessa probabilità P si verificano con una probabilità P elevato alla 50 (proprio come fare tre volte 4 lanciando un dado ha probabilità (1/6) elevato alla terza).
 
Il numero che elevato alla 50 dà 0.9 è P=0.9979: è la probabilità anunale di NON sisma. Quindi ogni anno c'è la probabilità di (1-P)=(1-0.9979) = 0.0021 che ci sia il sisma. E siccome il terremoto è un autobus di linea il suo periodo di ritorno è 1/ 0.0021 ANNI, ovvero 475 anni, circa. Poi, con altri sistemi, si vede in ogni luogo che intensità corrisponde a questo periodo di ritorno: tanto più tempo ci mette a ritornare, tanto più sarà forte il terremoto.
 
Questo - tolte le inutile astrusità e gli inutili logaritmi - è il ragionamento di legge. Su questa regoletta si basano le nostre norme sismiche. E' incredibile ma è così.

Uno potrebbe dire. Ma io voglio una probabilità molto più bassa per il sisma di progetto, non che capiti con il 10% di probabilità in 50 anni, ma solo con lo 0.001 (un per mille)! Ma questo la norma non lo consente. Infatti il "periodo di ritorno" sarebbe 49000 anni circa, e il normatore dice che... non abbiamo i dati.
In realtà, l'esperimento mostra che il metodo è sbagliato. Se volessimo le probabilità come piacciono a noi, le severità calcolate dei sismi sarebbero assurde, e le chiese verrebbero scagliate in alto come razzi.
In conclusione: le probabilità non le decidiamo noi, ma le decide il metodo. E' tutta una colossale mistificazione.